Alimenti ad alta pressione

di Giovanni Ballarini
  • 28 June 2017
L’industria è sempre più interessata a nuove tecnologie che permettono di ottenere alimenti con migliori caratteristiche nutrizionali, igienico - sanitarie, sensoriali e funzionali con basso impatto ambientale. Per questo sono state sviluppate le tecnologie morbide o mild technology basate su un uso di trattamenti fisici o meccanici che migliorano la produzione e di conseguenza la qualità e la funzionalità dei prodotti, dando vita agli alimenti definiti minimal processed foods.
Tra le nuove tecnologie alternative ai trattamenti chimici e termici vi è l’uso di campi elettrici o magnetici, delle microonde, delle radiazioni ionizzanti e non ultime delle pressioni idrostatiche. Le alte pressioni dimostrano interessanti applicazioni con un prolungamento della shelf life degli alimenti, inattivazione di microrganismi patogeni e minima perdita di nutrienti, aromi e colore, perché solo i legami chimici relativamente più deboli sono modificati dalla pressione. I trattamenti ad alta pressione sono particolar-mente adatti agli alimenti d’origine animale e tra questi carni, fresche, salumi e pesce, ma sono usate anche sui succhi di frutta senza conservanti, piatti pronti e altri alimenti.
I primi studi sulle pressioni applicate a cibi e bevande sono di Hite nel 1899. Nel 1914 Bridgman con pressioni comprese fra 400 e 600 MPa, per 30 e 60 minuti ottiene una parziale distruzione dei microrganismi contaminanti e aumenta la conservabilità degli alimenti. Negli anni ottanta del secolo scorso seguono molte ricerche e all’inizio degli anni novanta in Giappone compaiono sul mercato i primi prodotti a base di agrumi e frutta trattati con alte pressioni che stimolano l’interesse delle industrie alimentari.
L’attività delle iperpressioni è elevata sui batteri, meno sulle spore e sui virus. Diversa è l’attività sugli enzimi e per questo la shelf life è prolungata soprattutto se la temperatura di conservazione è bassa: refrigerazione a 2-4 C°. Oggi sul mercato vi sono vari alimenti trattati con la tecnica delle alte pressioni dai succhi di frutta (FOTO) alle puree vegetali e salse ma soprattutto prodotti carnei e ittici, per non parlare del sempre crescente mercato degli alimenti pronti all’uso (ready to eat).
La resistenza dei microrganismi alle alte pressioni è variabile. I batteri gram positivi sono più resistenti dei gram negativi (come per la resistenza al calore). Lieviti e muffe sono sensibili alle alte pressioni, ma per eliminare i batteri gram positivi occorrono pressioni tra i 500 e i 600 MPa o milioni di Pascal (il Pascal, simbolo Pa, è l’unità di misura della pressione con il suo multiplo Megapascal pari a un milione di Pascal). Le spore batteriche sono in pratica resistenti e possono sopravvivere anche a pressioni superiori ai 1000 MPa, e per una loro distruzione é necessario aumentare la temperatura (trattamenti in alta pressione assistiti termicamente).
Nelle industrie gli alimenti in idoneo contenitore sono sottoposti alle alte pressioni e a temperature ambientali e questa tecnologia è una valida alternativa ai processi di stabilizzazione convenzionali. I principali vantaggi dei trattamenti ad alta pressione degli alimenti sono: mantenimento delle caratteristiche sensoriali e nutrizionali; distruzione dei microrganismi causa di alterazioni in alternativa a trattamenti termici (pastorizzazione ecc.) o chimici; inattivazione di microrganismi patogeni non sporigeni (Salmonella, Listeria monocytogenes, Staphylococcus aureus ecc.); prolungamento della shelf life; risparmi energetici e limitato inquinamento ambientale.
 Le iperpressioni sono oggi applicate soprattutto per la produzione d’alimenti freschi sicuri (ad esempio prosciutto crudo o cotto, affettato e in busta, privo di listeria), conservazione refrigerata con lunghe shelf life (tre, cinque o sei e più settimane) soprattutto di piatti già confezionati (primi piatti di pasta verdure e pesce, cotti e pronti per l’uso; piatti di carne e verdure pronte all’uso e conservate refrigerate; verdure o frutta di tipo delicata conservata, refrigerata ecc.). Ovviamente per ogni preparazione deve essere messa a punto un know how adeguato.
I vantaggi sono di poter avere un prodotto “complesso” (carni e verdure, paste e pesce, ecc.) sterile, mantenendo le caratteristiche organolettiche e gastronomiche del prodotto appena preparato, con una conservazione refrigerate e non congelata, con lunga shelf life. Gli svantaggi e i motivi per i quali in sistema non si è ancora molto diffuso sta nella necessità di avere un’attrezzatura relativamente costosa che non lavora in continuo nell’uso di particolari contenitori.
In ogni modo le alte pressioni permettono di avere alimenti e cibi sicuri e di lunga conservazione, mantenendo intatte le loro caratteristiche nutrizionali e organolettiche.