Alcune barriere che limitano la gestione della superficie forestale italiana

di Sanzio Baldini
  • 23 February 2011
Da alcuni decenni si considera sempre di più la multifunzionalità dei boschi indipendentemente dalla specie legnosa dalla forma di governo o di trattamento che viene applicata. Il bosco fornisce materia prima rinnovabile e insostituibile per le attività dell’uomo, contribuisce alla stabilità dei versanti e del territorio a valle, è produttore di energia, di salubrità ambientale e caratterizza, nelle sue fasi di sviluppo, il paesaggio.
Il bosco è pertanto indispensabile all’uomo purché sia messo in condizioni di svolgere a pieno le sue molteplici funzioni vale a dire sia fatta selvicoltura cioè attuate quelle operazioni pratiche, tramite le utilizzazioni che gli permettono di esaltare la sua multifunzionalità.
Dai dati statistici, nel nostro Paese, risulta che la massa legnosa utilizzata con le operazioni selvicolturali sia meno di un terzo della provvigione totale vale a dire che sono prelevati circa 9M/m3 (27%) dei circa 33M/m3 che i boschi italiani producono annualmente. Questo prelievo è molto inferiore alla media dei Paesi dell’UE che si attesta al 62% della provvigione totale. Il valore testimonia che nel nostro Paese viene fatta poca selvicoltura.
Le cause di questo divario sono da ricercarsi in alcune barriere rimaste da decenni immobili e non da una maggiore percentuale di boschi poveri, pertanto non utilizzati, rispetto agli altri Paesi comunitari. Da questi boschi, ad esempio dai cedui di cerro, fino agli anni settanta, venivano ricavate traverse ferroviarie, assortimento ben pagato ,sostituito successivamente da quelle in cemento. Attualmente questa specie viene usata esclusivamente come legna da ardere anche se le matricine hanno diametri superiori a 30-40 cm.
La prima soglia da abbattere per poter aumentare la superficie gestibile dei boschi che coprono le nostre montagne è quella che riguarda la carenza di viabilità forestale con una densità di circa il 30% rispetto a quella auspicata da illustri selvicoltori europei, Mayer e Leibundgut.
Un’altra barriera difficile da superare è l’educazione al lavoro; in Italia non esistono, a differenza degli altri stati membri dell’U.E. scuole professionali, sul tipo di quelle per l’agricoltura, che diano le basi della cantieristica e delle tecnologie da applicare per mantenere o aumentare la sostenibilità dei popolamenti forestali. È errato pensare che sia sufficiente la tradizione da padre in figlio per tagliare delle piante e portare il legno fuori dal bosco.
Una ultima barriera è quella relativa alla superficie forestale media italiana, 3,8ha,molto limitata per poter sopportare i necessari investimenti per una corretta gestione sostenibile. Si deve incentivare l’associazionismo alfine di raggiungere le soglie minime di prodotto i cui ricavi permettano gli investimenti necessari alla certificazione di filiera e non solo a quella relativa alle foreste.
Queste barriere possono essere abbattute, come è avvenuto negli altri Stati dell’Unione, solo con una maggiore attenzione del nostro organo politico, rispetto a quanto è stato fatto fino ad ora in quanto una gestione sostenibile dei boschi serve a prevenire catastrofi, aumentare la capacità di assorbimento da parte delle piante della CO2, creare nuovi posti di lavoro.

(foto dell'Autore)

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